« Del rimanente, fortificatevi nel Signore e nella forza delia Sua possanza » (Efesini 6:10).
« Del rimanente, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode siano ometto dei vostri pensieri » (Fìlippesì 4:8).
1. Ogni anima è, o crede di essere per sua natura stessa in schiavitù della carne e delle cose carnali. Tutte le sofferenze sono il risultato di questa schiavitù. La storia dei figlioli d'Israele usciti dalla lunga servitù in Egitto è una descrizione dell'anima umana, o consapevolezza, che s'innalza dalla condizione di vita animale o dei sensi alla vita spirituale dell'uomo.
2. Il Signore disse, parlando a Mosè: « Ben ho veduta l'afflizione del mio popolo, che è in Egitto, ed ho udite le loro grida per cagìon dei loro esattori, ed ho presa conoscenza delle sue doglie;
3. « E sono disceso per riscuoterlo da quel paese in un paese buono e largo, in un paese stillante latte e miele » (Es. 5:7,8).
4. Queste parole illustrano esattamente l'atteggiamento del Creatore verso la Sua più alta creazione, l'uomo.
5. Oggigiorno e sempre Egli sta dicendo ai Suoi figliuoli: (( Ben ho veduta l'afflizione del mio popolo, che è in Egitto (cioè nelle tenebre dell'ignoranza) ed ho udite le loro grida per cagion dei loro esattori (cioè la malattia, il dolore, la povertà); e sono disceso (non mai discenderò, ma sono già disceso) per riscuoterlo da tutte queste afflizioni e per portarlo in un paese buono, in un paese stillante cose buone ».
6. Una volta o l'altra e in qualche luogo ogni anima umana dovrà rientrare in sé. Stanco di mangiare i baccelli « mi leverò e me n'andrò a mio padre» (Luca 15:17). Infatti, sta scritto: «Come io vivo, dice il Signore, ogni ginocchio si piegherà davanti a me ed ogni lingua darà gloria a Dio » (Rom. 14:11).
7. Ciò non significa che Dio sia un autocrate superbo il quale, per la Sua possanza suprema, obbligherà l'uomo ad inchinarsi davanti a Lui. E' piuttosto l'espressione dell'ordinamento della Divina Legge, la legge dell'amore e del bene. L'uomo che anzitutto vive nella parte fisica ed egoista del suo essere, s'innalzerà attraverso vari stadi e per vari procedimenti fino alla conoscenza divina o spirituale dove riconoscerà ch'egli ed il Padre sono uno, e si troverà affrancato dalla sofferenza, perchè avrà conseguito il dominio consapevole su ogni cosa. Raggiunto un certo stadio dì questo pellegrinaggio, la consapevolezza terrestre o intelletto s'inchina lietamente davanti al proprio essere spirituale e confessa essere quello il suo Cristo, l'altissimo Signore. Ecco allora che, senza alcun sentimento di servitù, ma lieta e libera per sempre, esclama: « Il Signore regna! » Presto o tardi ognuno deve raggiungere e vivere questa esperienza.
8. Tu ed io, caro Lettore, siamo già « rientrati » in noi stessi. Dopo di aver sopportato una oppri mente schiavitù, ci siamo levati e ci siamo mossi dall'Egitto verso il paese della libertà ; ed ora, an che volendolo, non possiamo tornare indietro. Ver ranno forse momenti difficili per ognuno prima di arrivare al paese stillante latte e miele (l'ora del riscatto dal dolore e dagli affanni), quando ci tro veremo sperduti in un deserto selvaggio, o impo tenti contro un Mar Rosso intraversabile, quando il principio nostro sembrerà difettare; ma Dio dice ad ognuno, come disse ai figliuoli tremanti d'Israe le: « Non temete; fermatevi e state a vedere la libe razione del Signore la quale oggi egli vi farà » (Es. 14:13).
9. Ogni anima deve prima o poi imparare a stare sola con Dio; null'altro vale. Null'altro ci farà mai padroni del nostro proprio destino. Nel Signore nostro proprio, in noi dimorante, vi è la vita tutta e tutta la salute, tutta la forza, la pace, la gioia, tutta la saggezza e l'aiuto che ci occorre e che desideriamo. Nessuno può darci tanto, quanto questo Padre immanente. Egli è la sorgente di ogni gioia, di ogni conforto e di ogni potenza.
10. Finora abbiamo creduto di ricevere aiuto e sollievo dai nostri prossimi, che la gioia ci veniva dalle circostanze e dalle condizioni esterne; ma ciò non è. La gioia e la forza zampillano dalla fonte che sta dentro, nel nostro essere. Se potessimo conoscere questa verità, noi sapremmo che Dio in noi è la sorgente del bene, che nessun'azione o detto altrui, nessuna loro mancanza verso di noi può toglierci ne quella gioia ne questo bene.
11. E' stato detto : « La libertà deriva dalla comprensione della Mente e dei pensieri di Dio a nostro riguardo ». Dio considera l'uomo come figlio, o come servo? La maggioranza si crede se non addirittura schiava delle circostanze, almeno serva dell'Altissimo. Né l'uno ne l'altro è vero. Sarebbe ora di svegliarci ai pensieri giusti, riconoscendo che siamo non servitori ne schiavi, ma figli, e che se siamo figli siamo anche eredi. Eredi di che cosa? Eredi della sapienza, così da non dover commettere gli errori dovuti a mancanza di conoscenza; eredi dell'amore, così da non dover temere ne la paura, né l'invidia, né la gelosia; eredi della forza, della vita, della potenza, del bene.
12. L'intelligenza umana é così abituata al suono delle parole udite nell'infanzia che le sfugge spesso il vero loro significato. Abbiamo veramente riflettuto e compreso ciò che significa essere « eredi di Dio e coeredi di Cristo »? (Rom. 8:17). Signi fica, come dice un filosofo, che « ogni uomo è l'eri trata, e potrà divenire l'uscita di tutto ciò che vi in Dio ». Vuol dire che tutto ciò che Dio è e pos siede ci appartiene, che siamo eredi Suoi, purché sappiamo reclamare la nostra eredità.
13. Questo reclamare la nostra giusta eredità, l'eredità voluta per noi da Dio nella vita giornaliera, é appunto ciò che stiamo studiando in questi capitoli.
14. Paolo disse: « Fin tanto che l'erede è fanciullo non differisce in nulla dal servo, benché sia padrone di tutto;
15. « ma è sotto tutori e curatori fino al tempo prestabilito dal padre.
16. « Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo tenuti in servitù sotto gli elementi del mondo;
17. « ma quando giunse la pienezza dei tempi, Iddio mandò il Suo Figliuolo... e perchè siete figliuoli, Dio ha mandato lo Spirito del Suo Figliuolo nei nostri cuori (o nella mente consapevole) che grida: Ahba, Padre.
18. « Talché tu non sei più servo, ma figliuolo; e se sei figliuolo sei anche erede in Dio per Cristo » (Gal. 4:1-7).
19. E' mediante il Cristo immanente in noi che riceviamo tutto ciò che Dio possiede ed è, quel tanto oppure quel poco che sappiamo od osiamo chiedere. Non importa con quale obiettivo crediamo di aver iniziato la ricerca della conoscenza della verità, la vera ragione fondamentale era che « la pienezza del tempo » era giunta per noi, e dovevamo levarci e reclamare la nostra eredità. Non dovevamo essere soddisfatti delle cose del mondo ne rimanere in schiavitù di esse. Pensiamoci! La ce pienezza del tempo » di Dio è venuta acciocché noi possiamo essere liberi ed avere il dominio su ogni cosa materiale, così da non essere più servi, ma figli in possesso della eredità! « Voi non avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi e vi ho costituiti perchè andiate e portiate frutto » (Giov. 15:16).
21. Siamo giunti al punto in cui la ricerca nostra non dev'essere fatta più per ottenere delle ricompense; non deve più essere la ricerca di un credo, ma dev'essere il vivere una vita. In questi capitoli abbiamo mosso solo i primi passi fuori dalla schiavitù egizia, dall'egoismo, dalla concupiscenza e dal dolore verso la regione della libertà ove regnano l'amore perfetto ed il bene.
22. Ogni pensiero giusto, ogni parola od azione altruista debbono per legge immutabile portare risultati benefìci. Ma nel nostro cammino dobbiamo imparare a non curarci dei risultati cbe sono « i pani ed i pesci ». Dobbiamo ben piuttosto adoperarci ad essere scientemente la Verità, ad essere amore, sapienza, vita (come già lo siamo senza esserne coscienti) e lasciare che i risultati maturino da sé.
23. Ogni anima deve consacrare qualche ora del giorno alla meditazione ed alla quiete. Nella mediazione giornaliera risiede il segreto della potenza. Senza di questa, nessuno può crescere in conoscenza spirituale né in potere. Dobbiamo esercitarci alla realizzazione della presenza di Dio, così come ci esercitiamo nella musica. Nessuno sognerebbe di diventare un sommo musicista senza passare molto tempo da solo, con la musica. La meditazione giornaliera da solo con Dio sembra concentrare la Presenza Divina in noi e nella consapevolezza nostra.
24. Forse siamo tanto affaccendati nell'aiutare altri con l'amore (che in sé è già atteggiamento altruistico e divino) da venirci a mancare un'ora per appartarci. Ma il comandamento, o meglio l'invito, è sempre: «Venite, appartatevi ed attendete». Credi, Lettore, essere questa l'unica via per acquistare la conoscenza precisa, l'esperienza nuova, la fermezza di propositi, la forza per affrontare l'ignoto che si presenta nella vita giornaliera. Le faccende occupano il secondo posto nella vita; al primo posto vi è l'essere. Quando noi, scientemente, siamo la Verità, questa s'irradia da noi ed adempie ai lavori senza bisogno di correre qua e là. Se il tempo ci manca apparentemente per questa meditazione, bisogna cercarlo e trovarlo. Studiando, troveremo che certe attività anche altruiste, sarà meglio tralasciarle piuttosto che trascurare la regolare, concentrata meditazione.
25. Osserveremo, per esempio, che ogni giorno perdiamo ore in conversazione inutile con persone che unicamente vogliono distrarsi. Se possiamo essere loro utili, sta bene; altrimenti raccogliamoci e rifiutiamoci di perdere del tempo e di prodigarci per solo divertire il loro ozio. Non ci rendiamo conto di quanto va perduto in questo modo.
26. Quando ci ritiriamo dall'ambiente mondano per la meditazione, questo dev'essere fatto, non per riflettere su se stesso e sui propri insuccessi, ma esclusivamente per concentrare tutti i pensieri su Dio e sui nostri rapporti con il Creatore e Sostenitore dell'universo. Lasciamo da parte, per un momento, l'assillo delle noie e delle preoccupazioni e, con uno sforzo volgiamo l'attenzione magari su qualche semplice parola del Nazareno o del Salmista. Pensiamo a qualche verità, per quanto semplice possa essere.
27. Chi non ha fatto tale esperienza di calma ed intima comunione con Dio non può rendersi conto del come in quell'ora s'acquieta il nervosismo, la paura, la ipersensibilità, i piccoli contrasti giorna lieri. Non sia però mai quella un'ora di schiavitù, ma sempre un'ora di riposo.
28. Alcuni, dopo di aver provato la calma ed il potere che derivano dalla meditazione giornaliera, commettono l'errore di appartarsi completamente dal mondo per dedicarsi unicamente alla medita zione. Questo è ascetismo, il quale non è ne savio né proficuo.
29. Il Nazareno, che fu il prototipo più nobile della vita perfetta, si appartò giornalmente dal mondo per ritornarvi con rinnovata forza spirituale. Così anche noi ci appartiamo nella quiete della Presenza Divina, per ritornare poi al mondo della vita consueta con rinnovata ispirazione, con coraggio e forza aumentati per le nostre attività, così da sormontare le alterne vicende.
30. « Parliamo a Dio - questa è preghiera; Dio ci parla • questa è ispirazione », dice un saggio. Ci appartiamo affinchè nuova vita e nuova ispirazione, nuova forza di pensiero e nuova abbondanza dalla Fonte possano affluire in noi; ritorniamo poi per dispensare e irradiare queste forze attorno a noi, così che tutti ne siano risollevati. Il disaccordo in famiglia non può durare dove anche un solo membro pratica giornalmente quest'ora della Presenza di Dio; tanto certo è che, dal rinnovamento dell'anima nella pace e nell'armonia risulta un continuo spandersi di pace ed armonia in tutto l'ambiente.
31. In questo cammino nuovo, intrapreso per vivere la vita dello Spirito anziché quello del vecchio io, noi cerchiamo di sviluppare sempre più la man suetudine e l'amore, acciocché siano incorporati nel la nostra vita giornaliera. Mansuetudine non signi fica servilismo od imbecillità, ma spirito simile a quello di chi, davanti ad un Pilato e falsamente ac cusato « non aprì bocca ». Nessuno è così grande e così divino come colui che, conoscendo la verità del l'Essere, sa restare umile ed imperturbabile davanti alle accuse della mente mortale. « La tua mansuetudine mi ha fatto grande » (2 Sam. 22:36).
32. Dobbiamo perdonare come vogliamo essere perdonati. Il perdonare non significa semplicemente indifferenza verso chi ci ha offeso; significa molto di più. Perdonare vuol dire dare per - dare, cioè, cordialmente, del bene in cambio del male ricevuto. Qualcuno dirà: « Non ho nessuno cui perdonare; non ho nessun nemico personale nel mondo ». Può darsi; ma se in qualche occasione ci venisse un pensiero, anche « ben meritato », riguardo a qualsiasi cosa dovesse un figliuol di Dio fare o soffrire, non avremmo ancora appreso a perdonare.
33. Il dolore che soffriamo, l'insuccesso nel sormontare qualche difficoltà che tocca intimamente la nostra vita, poggiano forse sul fatto che conserviamo verso il mondo in generale appunto questo atteggiamento di intransigenza. Allontaniamolo risolutamente.
34. Respingiamo il servaggio delle false credenze di fronte alle circostanze e all'ambiente. Per quanto le circostanze si presentino male, o per quanto sembri che la personalità altrui sia sorgente di dolore e di affanno per noi, Dio, il Bene, è solo realmente presente quando chiamiamo la Sua legge a manifestazione.
35. Se abbiamo il coraggio di perseverare nel vedere in tutto solo Dio, « perfino l'ira umana » sarà mutata a nostro vantaggio, Giuseppe, parlando dell'azione dei fratelli che lo vendettero, disse: « Voi certo avete pensato male a mio riguardo, ma Dio ha pensato di convertire quel male in bene ». « Tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio» (Rom. 8: 28), ossia per coloro che riconoscono soltanto Dio. Tutte le cose! Quelle circostanze che più sembrano torturarci, i mali che sembra debbano spezzare il cuore, saranno mutati in letizia se, decisamente, rifiutiamo di riconoscere altro che la presenza di Dio.
36. E' perfettamente naturale che l'anima umana cerchi di liberarsi dai mali rifuggendo dall'ambiente suo attuale o tentando di mutarlo sul piano materiale. Tali evasioni sono vane ed assolutamente irragionevoli. « Vano è il soccorso dell'uomo » (Sai. 108:12), o essere mortale.
37. Non vi è nessuna possibilità esterna, permanente e reale, per sfuggire alle miserie e alle sventure; tutto deve venire dall'interno.
38. Le parole « Dio è la mia difesa e la mia liberazione », pensate a lungo nel silenzio, finché diventino parte del nostro proprio essere, possono strapparci dalle mani e svincolarci dalle argomentazioni del più abile avversario del mondo.
39. La realizzazione intima della verità: «Il Signore è il mio pastore; nulla mi mancherà » può sovvenire ai nostri bisogni più largamente che qualsiasi mano umana.
40. Lo scopo ultimo di ogni anima dovrebbe essere quello di acquistare anzitutto la conoscenza del Dio immanente, sì da potere poi, in tutte le èvenienze esterne, affermare la liberazione per mezzo di questo Dio Unico. Non vi dovrebbe essere nessun orgasmo nell'essere mortale, nessun tentativo di aiutare il divino, bensì una fiducia calma, serena, incrollabile nell'Onniscienza e l'Onnipotenza immanenti nell'uomo, che realizza ogni desiderio.
41. La vittoria dev'essere conseguita prima nel silenzio della propria anima; non occorre poi la nostra partecipazione per conseguire la dimostrazione esteriore di liberazione dalle circostanze avverse. Perfino le mura di Gerico, che impediscono il raggiungimento dei nostri desideri, cadranno davanti a questo atteggiamento.
42. Il Salmista dice: « Io alzo gli occhi ai monti (o verso l'Altissimo) donde mi verrà aiuto.
43. « Il mio aiuto verrà dal Signore che ha (atto il cielo e la terra.
44. « Il Signore (il tuo Signore intimo) ti guarderà da ogni male.
45. « II Signore guarderà la tua uscita e la tua entrata, da ora e fino in eterno » (Salmo 121:1,2, 7,8).
46. Oh, se potessimo solo renderci coscienti del fatto che questa Potenza suprema vive in noi eternamente per salvarci e per farci perfetti, per liberarci e per vivificarci, acciocché si rinunci dal ricorrere ad altri, una volta per sempre!
47. Vi è un solo modo per ottenere questa piena realizzazione, la via del Cristo. « Io sono la via, la verità e la vita », disse il Cristo, per bocca del Nazareno.
48. L'attenerci alle parole: Cristo è la via, quando siamo perplessi e confusi, incapaci di vedere la via d'uscita, ci metterà infallantemente sulla via della completa liberazione.