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Lezioni Dì Verità: I doni spirituali

1. E' naturalissimo che il cuore umano si dedichi alla ricerca della Verità in primo luogo per ottenere « i pani ed i pesci ».

2. Forse non è esagerato dire che la maggioranza la prima volta che si rivolge a Dio lo fa a causa di qualche debolezza, qualche insuccesso, qualche bisogno impellente della vita. Dopo aver tentato in vano tutte le altre vie per superare le difficoltà o per soddisfare alle necessità, queste persone si rivolgono disperate a Dio.

3. Vi è nella profondità del cuore, anche dell'uomo più corrotto, sebbene egli voglia tenerlo nascosto, un sentimento istintivo che esiste da qualche parte una potenza capace di dargli quello di cui ha bisogno, che, se potesse arrivare a onesta potenza che corrisponde al suo concetto di Dio, egli sarebbe in grado di pretendere da Lui il compimento dei suoi desideri; è l'Io divino, se pure una semplice scintilla al centro dell'essere umano, che gli suggerisce il vero rimedio per tutti i suoi mali.

4. Specialmente in questi ultimi anni gli uomini sono portati alla ricerca della Verità per ottenere la (( mercede del lavoro », poiché hanno scoperto che Dio non solo può, ma anche vuole liberarli da tutti i gravami della vita giornaliera. Tutti vorrebbero essere liberi, liberi, liberi come gli uccelli dell'aria, liberi dalle infermità, dalle sofferenze, dalla schiavitù, dalla povertà, da tutte le forme del male. Ne hanno il diritto; taie desiderio e tale diritto sono di provenienza divina.

5. Fino ad ora quasi tutto l'insegnamento ha limitato la manifestazione dell'Amore infinito ad una sola azione, quella del risanamento. Il male, la malattia detta incurabile, e la sofferenza regnavano o-vunque ed ogni sofferente bramava la liberazione. Non avevamo ancora compreso che esiste la buona volontà, cosi come il potere — anzi, più ancora il desiderio intenso — da parte del nostro Padre di conferirci ben altro che la sola sottomissione dolce e paziente nella sofferenza.

6. Attirò giustamente grande attenzione quando venne per prima enunciata la grande verità che la Presenza Divina vive sempre nell'uomo come vita perfetta, e che possiamo attingervi mediante il nostro riconoscimento e la nostra fede, in modo che si manifesti come salute piena e abbondante. Insegnanti e studiosi concentrarono la loro attenzione su questo lato, o risultato, della vita spirituale, perdendo di vista la manifestazione più ampia e completa del Padre immanente. Gli insegnanti dicevano con enfasi a tutti gli studiosi che questa conoscenza della verità conferirebbe loro la capacità di sanare, e perciò si dedicarono tutti all'insegnamento di principi, formule, ed altro, per il risanamento del corpo. L'ora è venuta di impartire insegnamenti con vedute più ampie riguardo ai doni spirituali.

7. Il risanamento del corpo è una cosa bella e buona. Il potere di risanare è un dono divino e perciò siamo perfettamente giustiifcati quando lo ricerchiamo. Ma Dio vorrebbe darci molti di più.

8. Perchè restringere l'Altissimo illimitato ad elargire un dono particolare, a meno che non riteniamo che esso sia per noi l'espressione della più alta volontà di Dio a nostro riguardo, essendo nell'intimo consumati dal desiderio di esso? In tale caso non vi sarà bisogno di voler sanare. Il risanamento s'irradierà da noi, dovunque siamo. Anche in mezzo alla folla, senza sforzo da parte nostra, colui che ha bisogno di risanamento lo riceverà; egli ci « toccherà », come quella donna toccò Gesù in mezzo alla moltitudine che gli si pigiava intorno. Una sola lo toccò.

9. Il risanamento è infatti « un ramo della vite »,
ma non ne è l'unico. Ve ne sono molti, e tutti in
sieme costituiscono la Vite perfetta, che sta cercan
do per mezzo nostro di portare molto frutto. Dio
vuole che noi arriviamo ad una unione così consa
pevole con Lui, alla comprensione così perfetta che
la sostanza di ogni bene è insita in noi, che potremo
« chiedere ciò che vogliamo ed esso sarà fatto in
noi ».

10. Se viviamo fedelmente e sinceramente la Verità che conosciamo, e constatiamo che ciò nonostante la nostra capacità di sanare è meno di quella che era prima, riconosciamo tuttavia che tutto è bene. Convinciamoci che malgrado ciò che gli altri dicono o pensano, l'insuccesso apparente non significa perdita di potere: significa invece che si deve rinunciare per il momento al meno per poter afferrare il tutto, nel quale il meno è compreso, Non temiamo se provvisoriamente dobbiamo abbandonare questo ramoscello della potenza divina; cerchiamo piuttosto di appropriarci ì pensieri più alti della Mente infinita, quali essi siano, affinchè noi stessi li possiamo manifestare. Dobbiamo distogliere lo sguardo dalle estremità dei tralci, cioè dai risultati, e concentrarlo sulla Vite.

11. Ognuno di noi è uno strumento destinato a qualche scopo. Quando, ad una determinata ora, potremo abbandonare senza umiliazione, vergogna, o senso di insuccesso l'attaccamento rigido, personale a qualche forma di manifestazione, come ad esempio il sanare, e desidereremo ardentemente i « doni maggiori », qualunque essi siano nel nostro caso, faremo « opere » così potenti che tutti si ma-raviglieranno. Saranno fatte senza sforzo da parte nostra, perchè sarà Dio onnipotente, onnisciente, che si manifesterà per il nostro tramite nella direzione da Lui voluta.

12. Paolo dice: « Circa i doni spirituali, fratelli, non voglio che siate nell'ignoranza... Or ri è diversità di doni, ma ri è un medesimo Spirito... Infatti a uno è dato mediante lo Spirito parola di sapienza; ad un altro, parola dì conoscenza secondo il medesimo Spirito; ad un altro, fede... ad un al- -IMITO, doni di guarigione... ad un altro, potenza di operare miracoli...; ad un altro, profezia; ad un altro il discernimento degli spiriti; ad un altro, diversità di lìngue » (1 Cor. 12).

13. Vi è un unico Spirito, sempre ed eternamente
il medesimo unico Dio; un unico Spirito, manife-
stantesi però in diverse forme, Il dono di guarigio
ne non è maggiore di quello della profezia; il dono
della profezia non è maggiore di quella della fede,
poiché la fede (quando effettivamente è la fede di
Dio manifestantesi per tramite nostro), grande come
un granello di senape, può rimuovere le montagne;
l'operare miracoli non è dono maggiore del discer
nimento degli spiriti. « Il più grande di essi è l'A
more », perchè « l'Amore non fallisce mai », non
fallisce mai nel vincere il peccato, il dolore, la ma
lattia o qualsiasi situazione negativa.

14. « Ma tutte queste cose le opera quell'uno e
medesimo Spirito, distribuendo i suoi doni a cia
scuno in particolare come Egli vuole... il corpo non
si compone di un membro solo, ma di molte mem
bra.,, se tutto il corpo fosse occhio (se l'unico dono
fosse, ad esempio, quello della guarigione), dove sa
rebbe l'udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l'o
dorato?... l'occhio non può dire alla mano: io non
ho bisogno di te; né il capo può dire ai piedi: non
ho bisogno di voi.,. Ma ora Iddio ha collocato ciascun
membro nel corpo, come ha voluto ».

15. In tal modo Paolo ha enumerato alcuni dei
liberi doni dello Spirito per coloro che non cercano
di limitare le manifestazioni del Santissimo, ma che si abbandonano alla volontà dello Spirito operante in loro. Perchè temere di abbandonarci all'opera dell'Amore infinito e della infinita Sapienza? Perchè non lasciare che Dio scelga la Sua via in noi ed attraverso noi?

16. Il dono della guarigione, l'unico dono che finora abbiamo cercato, non è forse stato buono e santo non solo per noi, ma anche per tutti coloro con i quali siamo venuti a contatto?

17. Perchè allora temere di dipendere da Dio con prontezza, affinchè lo Spirito Santo possa manifestarsi per mezzo nostro secondo la Sua volontà, ritenendo che qualunque sia la forma della manifestazione, essa sarà sempre buona - buona per noi e per quelli che ci avvicinano?

18. Oh, vi fosse un maggior numero di anime coraggiose, pronte ad abbandonarsi completamente alla Volontà infinita - anime che osassero distaccarsi da ogni appoggio umano, cercando il Cristo immanente in loro, accettando la manifestazione che Egli vorrà loro dare!

19. Tale coraggio potrebbe produrre un insuccesso in confronto ai risultati ottenuti precedentemente. Però il cadere non sarebbe altro che la preparazione per un risorgere, una risurrezione gloriosa, Dio che si esprime per mezzo nostro, a Suo modo, qui ed ora. La caduta momentanea non significherebbe altro che un fulgido successo un po' più in là.

20. Non si temano le cadute, ma si veda in esse un bene, perchè lo sono veramente. Quando Gesù stette muto davanti a Pilato - crollati i suoi principi • incapace (sì, Io ripeto, incapace, altrimenti non sarebbe stato in tutto tentato come lo siamo noi) di liberarsi, o di trionfare sulle circostanze luttuose della sua situazione, non sembrava questo un insuccesso?

21. Però se egli non fosse giunto fino a quel punto, non avrebbe potuto esservi più in là quel successo infinitamente più grande della risurrezione. (( Se il seme non è sepolto nella terra e non muore, non può portare frutto ». Se ci siamo attaccati a qualche dono spirituale, perchè cosi ci è stato insegnato, e stiamo per perderlo, rassicuriamoci: non è altro che la morte, la sparizione di un dono, affinchè da esso possano sprigionarsi molti nuovi doni, più splendidi, più elevati, più grandi, poiché sono quelli che Dio ha scelto per noi.

22. La nostra opera migliore sarà fatta per quel
la via da Dio indicata. Lasciamo che Io Spirito si
impossessi di noi completamente, se desideriamo
che la volontà dell'Altissimo sia fatta in noi e per
noi ininterrottamente; saremo allora ben presto
portati fuori dalle limitazioni • un mezzo successo
indica sempre una limitazione • verso una nuova
manifestazione che è tanto più bella e perfetta del
l'altra, quanto il grano nuovo lo è di quello vecchio,
che doveva cadere in terra e morire.

23. Tutti i vecchi modi devono sparire. L'insuccesso non è altro che la morte del vecchio modo, affinchè l'incremento sia centuplicato. Se dovesse venire il giorno in cui non riuscissimo a superare una malattia, ecc., come per lo innanzi, non cerchiamo al di fuori di noi un sanatore. E' bello e buono che un altro ci « guarisca » fisicamente, facendo richiamo alla Vita universale che sta in noi; ma proprio qui vi è qualcosa di più elevato e migliore da fare.

24. Lo Spirito, lo Spirito Santo che è Dìo in azione, desidera insegnarci qualcosa che ci aprirà una via più bella e più larga. L'insuccesso apparente è l'appello ch'Egli ci rivolge al fine di richiamare la nostra attenzione su di Lui. « Fa ora conoscenza con lui e sii in pace ; da ciò verrà a te il bene » (Giobbe 22: 21). Rivolgiamoci, dunque, alla Presenza diivna in noi. Cerchiamola. Acquietiamoci davanti a Lui; attendiamoLo tranquillamente, seriamente, ma fiduciosamente, per giorni, anche per settimane, se necessario. Lasciamolo operare in noi, e presto o tardi, saremo innalzati ad una vita risorta, nuova e potente, come non avevamo mai sognato.

25. Se quando vengono questi periodi di transizione, nei quali Dio vuole condurci più in alto, dovessimo trepidare, scoraggiati, e ricorrere ad un sanatore per essere guariti solo fisicamente, ci sfuggirebbe la lezione ch'Egli ci vuole dare e rimanderemmo il giorno nel quale potremmo ricevere il migliore e più completo dono. Per ignoranza e per paura ci attacchiamo al vecchio grano visibile, non osando lasciarlo cadere nel terreno (insuccesso) e lasciarlo morire, nella tema che non vi sia risurrezione, ne vita nuova, nulla di più grande, ne di migliore.

26. Non vi sia più, dunque, paura del nostro Dio, il Bene perfetto, che brama di trasformarci in giganti da pigmei che siamo!

27. Sopratutto occorre che ognuno di noi coltivi la conoscenza dello Spirito immanente. Dobbiamo distogliere l'attenzione dai risultati e cercare di vivere la vera vita. I risultati sopraggiungeranno in misura maggiore allorché i pensieri saranno meno rivolti alle opere e più verso l'incarnazione nell'intero nostro essere del Cristo intimo. L'ora è giunta in cui si deve discorrere meno intorno alla Verità, trattare meno al solo scopo di liberarsi dagli effetti di una vita mal condotta; occorre vivere più secondo Verità ed insegnare al prossimo di fare altrettanto; occorre l'incarnazione della Verità nella carne e nelle ossa stesse.

28. Come farlo?

29. « Io sono la via, la verità, e la vita », dice il Cristo al centro del nostro essere.

30. « Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora - consapevolmente - in Me, e nel quale Io dimoro • nella sua consapevolezza - porta molto frutto, perchè senza di Me • cioè separato da Me nella consapevolezza - non potete fare nulla... Se dimorate in Me e le Mie parole dimorano in voi, domandale quel che volete e vi sarà fatto » (Giov. 15:5-7).

31. Io ti assicuro, o lettore, insieme con tutti i maestri, che tu puoi ottenere tutte le buone cose che desideri nella tua vita se le consideri già tue nell'invisibile fino a tanto che non diventino manifeste. Ma non vedi, carissimo, che il tuo primo, più alto e continuo desiderio dev'essere quello di cercare di dimorare in Lui, e il cercare di riconoscere in questo una possibilità, una realtà vitale, e non soltanto una teoria consolante? Chiederai poi quel che tu vorrai, sia il potere di guarire, di cacciare i demoni, e persino le « opere maggiori », e ti « sarà fatto ».

32. Vi è un unico Spirito - « un Dio unico e Padre di tutti, che è sopra tutti, fra tutti ed in tutti. Ma a ciascun di noi la grazia - libero dono - è stata data secondo la misura del dono largito da Cristo » in noi (Efesi 4:6).

33. « Per questa ragione ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te » (II Tim. 1:6).

34. Non più paura: « Poiché Iddio ci ha dato uno spirito non di timidità, ma di forza e d'amore e di mente sana » (II Tim. 1:7).

35. Lo Spirito è sempre uno ed il medesimo. Per ottenere il massimo successo, tu non hai bisogno del mio dono, né io del tuo; ognuno vuole il proprio dono, adatto alle proprie capacità, qualità e desideri, scelto non dalla mente terrena, ma dall'Altissimo in noi. Cerca di essere ripieno dello Spirito, di avere l'anima delle cose incarnata più ampiamente nella tua consapevolezza. Lo Spirito rivelerà alla tua comprensione il tuo dono specifico, o il modo in cui Dio vuol manifestarsi per mezzo tuo.

36. Non disertiamo l'opera che ci spetta, il nostro Dio intimo, per osservare ed imitare invece il vicino. Non cerchiamo di appropriarci il suo dono; non critichiamo neppure il suo insuccesso nella manifestazione di qualche dono specifico. Quando egli « viene meno » rendiamo grazie a Dio, che lo sta guidando ad un luogo più alto, dove potrà essere una manifestazione più ampia e più completa della Presenza divina in lui.

37. « Io dunque... vi esorto a condurvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta,

« con ogni umiltà e mansuetudine, con longanimità, sopportandovi gli uni gli altri con amore;

« studiandovi di conservare l'unità dello Spirito con vincolo della pace » (Efesi 4:1-3).

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